lunedì 18 gennaio 2016

sulla xilella

 L’inchiesta di Presa Diretta su xylella, trasmessa nella sera di domenica 17 gennaio, aveva generato molto rumore già prima di andare in onda: gli schieramenti contrapposti, ovvero coloro che pensano che gli abbattimenti degli ulivi per fermare xylella siano inutili a prescindere contro chi pensa che siano al momento l’unica carta che abbiamo in mano, in attesa di avere più risposte dalla scienza, avevano già cominciato ad affilare le armi sui social network da diversi giorni. Molto rumore per nulla. L’inchiesta diPresa Diretta si è rivelata in realtà un pezzo di giornalismo tiepidopiuttosto di parte.
L’apertura con le lacrime della signora Pezzuto, a cui hanno abbattuto degli olivi lo scorso aprile, rientra nello schema a cui ci ha abituato un certo giornalismo che punta verso l’emotività del pubblico, piuttosto che verso la valutazione dei fatti. “Secondo lei un albero di 3-400 anni può valere 150 euro?”, chiede la signora tra le lacrime a Peppe Laganà. Non è chiaro se un indennizzo superiore avrebbe compensato meglio l’età dell’albero e prevenuto l’emozione.
Il servizio in apertura ci da altre due informazioni: che la Puglia è la regione con più ulivi al mondo (60 milioni, di cui 11 milioni nel Salento) e che, per via del batterio Xylella, il piano di emergenza del commissario straordinario Giuseppe Silletti pianificava di abbattere 3.103 alberi di olivo. Non ci viene detto che questo ammonta allo 0,03% degli olivi salentini, una goccia in una monocoltura di dimensioni oceaniche. Certo, non è un bello spettacolo vedere un campo dove decine o centinaia di alberi sono da poco stati tagliati. Ma, visti i rischi posti da xylella e da tutti gli altri patogeni dell’olivo che infestano il territorio, differenziare e spezzare il regime di monocoltura e abbandono potrebbe essere un’idea da prendere al volo, specie se ci fossero fondi per promuovere la diversificazione e la biodiversità.
Dai media ( Presa diretta) ci viene invece mostrata una croce dove prima c’era un olivo, e larabbia degli agricoltori che, nonostante i loro alberi siano risultati infetti al test per xylella, insistono che non ci sono evidenze che questo batterio faccia seccare gli olivi. Dicono, però, che i loro alberi sono poco accuditinon potati, compromessi da altrepatologie e sottoposti a stress ambientali. Poco di cui essere orgogliosi, a dire la verità, per gente che ama così tanto I propri alberi da vegliarli. Perché non accudirli meglio?
(foto: Ap/LaPresse)
(foto: Ap/LaPresse)
Quello che risulta poco chiaro dall’inchiesta, non evidenziato neanche dalle interviste a Silletti o ai ricercatori di Bari è che XXylella fastidiosa è un patogeno a largo spettro, attacca numerosi ospiti, non solo gli olivi. Fermarlo, oltre che un dovere legale, perché è un microrganismo da quarantena, è necessario anche per proteggere eventuali altre colture come mandorli e ciliegi.
Si tratta dell’applicazione di un principio di precauzione, lo stesso che ci fa diffidare degli ogm, o che ci impone di vaccinarci anche per malattie oggi rare come la poliomielite. Certo, non c’è nulla che garantisca il blocco dell’espansione dell’areale del patogeno, come sottolinea il professor Boscia, come non c’è garanzia che un chemioterapico funzionerà, ma rallentare la diffusione in attesa di trovare un rimedio, o di imparare a convivere con una ennesima malattia dell’olivo, e neanche la peggiore, è tutto quello che al momento avremmo potuto fare, e che si fa per altre specie alloctone che invadono un nuovo territorio. Ma Boscia dice anche una cosa importante, che probabilmente pochi hanno notato: ci sono varietà resistenti, come il Leccino, e tutta una serie di altre colture. Forse una convivenza, tutto sommato, è possibile, se si spezza il regime di monocoltura che facilita il contagio.
Ma l’ordinanza di sequestro da parte della Procura di Lecce ha cambiato improvvisamente lo scenario, bloccando i tagli. Nell’ordinanza pero’ c’è dell’altro, ci sarebbero nuove evidenze scientifiche, secondo cui, come ribadisce il procuratore Cataldo Motta nell’inchiesta di Presa Diretta, il batterio è presente da molto tempo, tanto da mutare, e ci sarebbero indizi di ben nove ceppi, tutti frutto di mutazioni locali.
Un tasso di mutazione degno di Chernobyl, calcolando una generazione al giorno del batterio, per tutto l’anno, anche nei periodi invernali. Se la magistratura ha in mano evidenze scientifiche in tal senso, altre voci autorevoli chiedono che siano messe a disposizione della comunità scientifica. E magari anche della Comunità europea, che Motta ritiene sia stata tratta in errore: “I dati in possesso dell’Europa non sono quelli che noi abbiamo riavato coi consulenti”. Nello stesso tempo, secondo Motta gli scienziati indagati dalla procura avrebbero “mancato di umiltà, non c’è stato confronto di idee o sul piano scientifico”. Speriamo che prima o poi questo confronto scientifico inizi, e che parta dalla Procura.
Quel che è certo è che non ci sono cure per xylella: nonostante siano in corso sperimentazioni, e che la comunità europea stia stanziando fondi, purtroppo non c’è per ora nulla da offrire agli olivicoltori. Tutto quello che si può fare è ridurre lo stress ambientale cercando di rendere il suolo più ricco di sostanza organica (al momento il Salento è in condizioni quasi desertiche, dal punto di vista della fertilita). Pochi del resto sanno che nel piano detto “Silletti bis” erano sconsigliati gli erbicidi perché non garantiscono l’uccisione delle forme giovanili del vettore, la cicalina, mentre sono altamente consigliate arature ed erpicature, che fanno anche bene al suolo. Peccato non averlo lasciato dire a Silletti stesso nel corso dell’intervista, di solito accusato di voler promuovere l’uso di fitofarmaci.
La seconda, più breve, parte dell’inchiesta è dedicata alla difesa degli scienziati, come in un processo. Giampaolo Accotto, direttore dell’Istituto per la produzione sostenibile del Cnr, sottolinea che il blocco dei tagli da parte della procura di Lecce ha fatto un favore a xylella, come il nuovo, probabile focolaio di Avetrana, in provincia di Taranto, sembrerebbe dimostrare. È possibile, dice anche Accatto, che xylella non sia l’unica causa del disseccamento degli olivi, così come non si muore direttamente di Aids ma di infezioni secondarie. Ricorda, inoltre, che le decisioni per la gestione di xylella sono politiche, e che quella di tagliare non è stata unadecisione degli scienziati.
Ma la comunità scientifica deve sapere. In chiusura, Riccardo Iacona ricorda l’appello di chi, come Wired, sta cercando di portare avanti chiarezza sulla vicenda xylella. Si tratta della lettera aperta del direttore de Le Scienze Marco Cattaneo e di Beatrice Mautino, co-autrice di Contro Natura, che chiedono che sia reso pubblico ilcontenuto scientifico delle indagini dei periti e che i ricercatori possano avere accesso alle piante infette sequestrate dalla magistratura, perché c’è in gioco l’olivicoltura del Mediterraneo. Una conclusione sicuramente sensata.
( tratto da Wired)

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